Comuni e videosorveglianza. Limiti e rischi
I Comuni possono utilizzare telecamere per controllare discariche di sostanze pericolose ed “eco piazzole” per monitorare le modalità del loro uso, la tipologia dei rifiuti scaricati e l’orario di deposito ma solo se non risulta possibile, o si riveli non efficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi e comunque nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati. In tal caso, l’informativa agli interessati può essere fornita mediante affissione di cartelli informativi nei punti e nelle aree in cui si svolge la videosorveglianza, che contengano anche indicazioni su come e dove reperire un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento. Non è invece previsto o consentito che tale monitoraggio sia posto in essere da soggetti privati.
E’ anche possibile utilizzare un sistema di videosorveglianza per trattare categorie particolari di dati. Ma soltanto se risulta applicabile una delle eccezioni di cui all’art. 9 del Regolamento è il caso, ad esempio, di un ospedale che installa una videocamera per monitorare le condizioni di salute di un paziente.
Il titolare del trattamento deve in ogni caso sempre cercare di ridurre al minimo il rischio di acquisire filmati che rivelino altri dati a carattere sensibile, indipendentemente dalla finalità.
Alcuni sistemi di videosorveglianza necessitano di una valutazione di impatto preventiva.
E’ infatti prevista se il trattamento, quando preveda in particolare l’uso di nuove tecnologie, può presentare un rischio elevato per le persone fisiche (artt. 35 e 36 del Regolamento). Può essere il caso, ad esempio, dei sistemi integrati – sia pubblici che privati – che collegano telecamere tra soggetti diversi nonché dei sistemi intelligenti, capaci di analizzare le immagini ed elaborarle, ad esempio al fine di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli, ed eventualmente registrarli. La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati è sempre richiesta, in particolare, in caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico (art. 35, par. 3, lett. c) del Regolamento) e negli altri casi indicati dal Garante.
Il datore di lavoro pubblico o privato può installare un sistema di videosorveglianza nelle sedi di lavoro, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970).