Erano in quattrocento a non aver ricevuto il bonus covid. Lavoratori soci artigiani di cooperativa che non potevano essere “definiti” in alcun modo. In particolare si trattava di lavoratori dell’autotrasporto che, essendo proprietari dei mezzi, i cosiddetti “padroncini”, si erano trovati esclusi dal trattamento previdenziale disposto dall’Inps. A sollecitare l’ente previdenziale è stata Confocooperative a cui i lavoratori erano iscritti. Ed il risultato è stato raggiunto.
“E’ stato un problema notevole per il quale ci siamo battuti – spiega salvatore Scafuri, presidente di Confocooperative Salerno – Il settore dell’autotrasporto, pur continuando a lavorare anche in periodo di lockdown, aveva comunque subito una flessione notevole perché erano diminuite le commesse. E questi lavoratori erano, per così dire ‘ibridi’, non rientravano tra gli artigiani secondo l’Inps ed erano perciò stati esclusi dal bonus. Così ci siamo rivolti alla dirigente regionale della Campania, Mariella De Vivo, che ha portato in direzione nazionale la nostra istanza. Alla fine l’Inps ha recepito la richiesta e posto fine alla stortura che si era creata. Un buon risultato per i nostri iscritti”.
Le cooperative artigiane, infatti, esistono da sempre ed in Campania sono moltissime.
“Il problema principale era far riconoscere la loro posizione di artigiani anche senza partita iva”
Ma quali sono le difficoltà maggiori delle cooperative in genere create dalla pandemia?
“Il mondo delle cooperative ha sfaccettature varie e complesse. – spiega Scafuri – Ci sono anche banche cooperative per le quali, ad esempio, la maggiore difficoltà è costituita dai mutui sospesi. Per le coop agricole c’è stato un calo di fatturato dal 20 al 35 per cento. Uno dei settori più colpiti, poi, è quello della pesca. Nella nostra Regione operano quasi tutti in forma cooperativa e c’è stato uno vero e proprio spopolamento che ci poterà conseguenze proprio sulla materia prima. Si stima un calo del 70%, sono cifre enormi. Basti pensare alla flotta del tonno di Cetara. Invece il contesto più florido è quello delle cooperative sanitarie che fa da contraltare alle sofferenze di quelle socio assistenziali, in gran parte bloccate dal covid. Per un lungo periodo è stato impossibile offrire servizi di assistenza domiciliare alle persone. E stiamo parlando di grandi cooperative che danno lavoro ad una media di 500 persone. Devo però dire che il settore della cooperazione risponde meglio alla crisi perché si fonda sul sacrificio personale, dove non c’è contrapposizione tra datore di lavoro e lavoratore, ma il socio è il lavoratore”.
Cosa si attende il mondo della cooperazione dal nuovo Governo?
“Speriamo in interventi adeguati, non solo spot per la sopravvivenza. Bisogna che si guardi alle aziende che sono divenute fragili a causa del covid e vanno tutelate perché costituiscono l’ossatura del paese. Tanti servizi imprescindibili vengono erogati dalle cooperative, come quelle del terzo settore. Occorrono misure di accompagnamento per uscire dalla morsa della crisi determinata dal covid”.

 

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