Telemedicina, monitoraggio da remoto dei pazienti e possibilità di eseguire interventi chirurgici a distanza sono solo alcune delle applicazioni più interessanti che ci si attende di sviluppare grazie alla tecnologia 5G della telefonia mobile. L’evoluzione nei protocolli delle telecomunicazioni ha reso possibile il miglioramento della capacità della rete, ampliandone la versatilità d’uso.

Il 5G utilizza le alte frequenze per uno spettro corrispondente da circa 3.6 GHz a 3.8 GHz e a 26 GHz. Per la prima volta la telefonia mobile utilizza le alte frequenze, fino ad ora appannaggio esclusivo dei collegamenti radio base da punto a punto.


Il 5 g permette anche la funzionalità a distanza IOT (Internet Of Things) mediante l’utilizzo di antenne a fascio variabile (beam-formingantennas) capaci di focalizzare il segnale in maniera efficiente verso il dispositivo dell’utenza ricevente, invece di avere un segnale diffuso in ampie direzioni come attualmente avviene per le antenne delle stazioni di telefonia cellulare di precedente generazione.


Il riscaldamento dei tessuti è il risultato principale dell’interazione fra le radiofrequenze ed il corpo umano ed il WHO (In Italia indicata come OMS, cioè organizzazione mondiale della sanità) conferma che l’esposizione alle radiofrequenze utilizzate dalla attuali tecnologie in uso causa ai tessuti del corpo umano aumenti di temperatura trascurabili.


All’aumentare delle frequenze, quelle necessarie al 5G, la potenza diminuisce causando una diminuzione della penetrazione nei tessuti del corpo umano e l’assorbimento dell’energia, assicura il WHO, risulta più limitata sulla superficie del corpo (pelle ed occhi).


La Commissione Internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), braccio tecnico dell’OMS, ha rilasciato le nuove linee guida per la limitazione delle esposizioni a campi elettromagnetici (da 100 kHz a 300 GHz) e comprendenti anche le frequenze necessarie alla tecnologia 5G.
Si è ritenuto necessario aggiornare le linee guida proprio per tentare di diminuire le preoccupazioni sollevate dall’imminente utilizzo del 5 g. Le novità delle linee guida 2020 rispetto alle precedenti del 1998 contemplano anche le esposizioni al 5G per frequenze superiori a 6 GHz e, nello specifico, sono state aggiunte restrizioni per brevi esposizioni (meno di 6 minuti) di piccole regioni del corpo e ridotti i tempi di massima esposizione permessi su una piccola regione del corpo.

L’Oms infatti sta conducendo delle ricerche ulteriori sui rischi alla salute derivanti dalle esposizioni all’intero spettro delle radiofrequenze, incluse quelle interessate dal 5G. La pubblicazione dell’indagine è prevista per il 2022. Intanto già dal 1996, il progetto Internazionale sui Campi Elettromagnetici (EMF) ha investigato sull’impatto derivante dall’esposizione ai campi elettromagnetici nello spettro 0-300 GHz fornendo indicazioni alle singole autorità nazionali sulla protezione dalle radiazioni.


Alla fine del 2017 il governo italiano ha avviato la sperimentazione pre-commerciale della nuova tecnologia di telefonia mobile di quinta generazione (5G) in cinque città italiane (Milano, Matera, Bari, L’Aquila e Prato). In questo modo è stata data attuazione al “5G Action Plan” della Commissione europea, che considera questa tecnologia un’opportunità strategica per l’Europa. Una delle particolarità di questa nuova tecnologia è che permetterà non soltanto la fruizione dei servizi classici forniti attualmente dalla telefonia mobile, ma verrà applicata al cosiddetto Internet delle cose, in cui vari dispositivi wireless, in ambiente indoor, comunicano tra di loro e con i nuovi sistemi di comunicazione previsti per lo sviluppo delle smart cities.

Questi due ultimi scenari rappresentano la piattaforma “chiave” su cui si testerà l’efficacia e la portata innovativa del 5G.
Per fornire una copertura ottimale del segnale a RF, quindi, si dovranno utilizzare small cells (porzioni di territorio servite da una singola antenna). Le dimensioni di queste celle (qualche decina di metri in ambiente indoor e qualche centinaio di metri in ambienti outdoor) sono molto inferiori rispetto a quelle servite dalle classiche macrocelle (fino a qualche decina di chilometri) attualmente presenti sul territorio.


Di conseguenza, il numero di antenne aumenterà progressivamente, anche se, vista la piccola dimensione delle celle, la loro potenza di emissione sarà notevolmente inferiore rispetto a quelle delle attuali stazioni radiobase, con picchi di emissione più bassi in prossimità delle antenne stesse.