La pandemia ha cambiato in modo notevole le strategie aziendali. E ha portato in primo piano la cosiddetta sostenibilità provocando una accelerazione nella trasformazione del mondo imprenditoriale.
Dopo lo choc da covid 19 il 70% delle aziende prevede un piano di sostenibilità corredato da obiettivi, solo il 39% ha strutturato target quantitativi di medio-lungo periodo.


Sono i risultati presentati, lo scorso mese, in occasione dell’EY Sustainability Summit, ed emersi dallo studio di EY “Seize the change: futuri sostenibili”. Si tratta di un’analisi puntuale sull’integrazione della sostenibilità nel business delle aziende nazionali attraverso i pilastri che ne sostengono le pratiche in essere e la continua evoluzione: piani strategici, cambiamenti climatici, finanza sostenibile, economia circolare e mobilità.


L’indagine è partita da un campione di circa 260 aziende italiane in diversi settori – di cui 62 sono state intervistate e 201 analizzate in base alle dichiarazioni non finanziarie. La ricerca ha evidenziato come l’emergenza sanitaria non abbia frenato, bensì intensificato l’attenzione da parte delle imprese sui temi della sostenibilità, rendendoli sempre più organici alle strategie aziendali.


La maggior parte delle aziende intervistate risulta impegnata sul tema in ambito strategico, in quanto oltre due terzi ha previsto un piano di sostenibilità corredato da obiettivi in crescita rispetto all’anno scorso. Tuttavia, rimangono in minoranza (39%) le aziende che lo hanno strutturato con target quantitativi di medio-lungo periodo mentre solo il 23% delle aziende ha definito anche le relative tempistiche per il raggiungimento degli obiettivi.


La tematica più sentita dalle aziende italiane all’interno dei piani di sostenibilità è quella dei cambiamenti climatici. Lo studio EY osserva infatti che l’84% delle aziende intervistate dispone di un piano industriale che contiene azioni di mitigazione e/o di adattamento ai cambiamenti climatici. Per il 63% delle aziende partecipanti al sondaggio le attività di contrasto ai cambiamenti climatici continueranno senza particolari problemi o ridimensionamenti nonostante la pandemia, mentre nel 21% dei casi le aziende prevedono di accelerare e rafforzare le proprie azioni.


La ricerca evidenzia poi una progressiva integrazione dei fattori ESG nei processi della finanza, sia per quanto riguarda lo sviluppo di prodotti che per le strategie di investimento responsabile. L’acronimo Esg sta per Environmental, Social and Governance e si riferisce a tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento. Questo approccio deriva dal concetto di “Triple Bottom Line”, noto anche come “Persone, Pianeta e Profitti” (PPP), introdotto negli anni ’90 e secondo cui le aziende non dovrebbero concentrarsi solo sui “Profitti”, ma su ciascuna delle tre “P”, che sono altrettanto importanti per la sostenibilità di qualsiasi impresa commerciale. Questo concetto si è evoluto nei fattori ESG, che oggi sono il caposaldo dell’Investimento sostenibile e responsabile (Sustainable and Responsible Investing, SRI).


Circa il 16% delle aziende intervistate ha dichiarato di avere già incluso prodotti finanziari ESG nel proprio piano strategico, mentre per il 15% tale obiettivo rientra nel breve periodo.


Per quanto riguarda l’ economia circolare dall’indagine emerge che l’84% delle aziende ha avviato un processo strutturato con lo scopo di analizzare i propri processi operativi.
L’87% delle aziende ha poi sviluppato o previsto iniziative di mobilità per i lavoratori: il 63% ha attivato programmi di smart working, il 5% ha implementato programmi aziendali per il car sharing, mentre l’11% ha previsto delle agevolazioni per i mezzi pubblici.


La sostenibilità, insomma, secondo la ricerca, potrà divenire un fattore trainante per le aziende intorno al quale far crescere profitti ed occupazione.

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