La Corte di Cassazione, con una recente sentenza della III Sezione penale, ha ribadito il principio secondo cui, anche in ambiti lavorativi considerati a basso rischio, è obbligatorio effettuare una valutazione dei rischi (DVR) e redigere il relativo documento. Questo obbligo è previsto dal Decreto Legislativo n. 81/2008, comunemente noto come “Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro”. Tale disposizione normativa non lascia spazio a eccezioni, imponendo al datore di lavoro di valutare i rischi presenti, indipendentemente dalla dimensione e dalla natura dell’attività.

Il caso: il ricorso di un ristoratore

Il caso trattato riguarda il titolare di un piccolo ristorante che aveva ricevuto una condanna dal Tribunale a 2.000 euro di ammenda per omissione della valutazione dei rischi e per scarichi non autorizzati in pubblica fognatura. L’imputato ha impugnato la sentenza sostenendo che, essendo il ristorante una struttura di piccole dimensioni e gestita a livello familiare, fosse privo di particolari pericoli. Inoltre, il ristoratore aveva partecipato a un corso di formazione per Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e aveva avviato le pratiche per ottenere l’autorizzazione per gli scarichi.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione del Tribunale e ribadendo l’obbligo di elaborare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) anche nei casi in cui non siano presenti pericoli significativi.

La ratio della sentenza: l’importanza della valutazione preventiva

La Corte ha specificato che la mancanza di rischi non può precedere l’adozione del DVR; al contrario, deve essere il risultato di un’accurata valutazione documentata. Il legislatore intende così promuovere la cultura della prevenzione, imponendo al datore di lavoro di analizzare i fattori di rischio, anche minimi, presenti in ogni ambiente lavorativo. Questa impostazione, secondo la Corte, non ammette eccezioni e si applica a tutti i settori, comprese le attività a basso rischio come quelle della ristorazione, come stabilito anche dall’art. 29, comma 6-ter del D. Lgs. n. 81/2008.

Le ulteriori contestazioni sollevate dall’imputato e il rigetto della Cassazione

Tra le ulteriori motivazioni, il ricorrente ha contestato la mancata applicazione della punibilità attenuata per tenuità del fatto e ha sottolineato la presunta assimilabilità degli scarichi del proprio ristorante a quelli domestici. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto anche queste argomentazioni, chiarendo che la gestione dei reflui provenienti da attività artigianali o di servizi, come nel caso di un ristorante, rientra tra le normative sugli scarichi industriali.

L’obbligo del DVR: un compito non delegabile

Il documento di valutazione dei rischi è un obbligo personale del datore di lavoro, che non può essere delegato. Secondo l’art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008, il DVR deve essere redatto e aggiornato periodicamente, in conformità con l’evoluzione tecnica e le migliori prassi di sicurezza, come confermato anche dalla sentenza della Cassazione (Sez. U., n. 38343 del 24 aprile 2014, ThyssenKrupp).

Questo principio, applicato anche nei casi a basso rischio, riafferma la responsabilità del datore di lavoro nella tutela della salute e sicurezza dei dipendenti, un aspetto che non ammette deroghe. La Cassazione ha infine rigettato il ricorso, con l’onere delle spese processuali a carico dell’imputato e una sanzione aggiuntiva di 3.000 euro.

Una sentenza importante per Network GTC e la gestione di DVR Cut&Paste

Questa sentenza rappresenta un precedente significativo, che rafforza l’importanza del DVR come strumento preventivo universale e non opzionale, e riconosce al network GTC la gestione di DVR in modalità cut&paste. L’adozione del DVR è così confermata come obbligatoria per tutte le attività. anche quelle a basso rischio, nell’ottica di una tutela preventiva e documentata della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.